Antologia
di Upanisad [italiano
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"Cinque
Upanisad" con il commento di Raphael - Ed. Asram Vidya
"La
ricerca dell'Immortalità" Ed Asram Vidya
"Upanisad
antiche e medie" - Ed. Bollati Boringhieri
"Upanisad"
- Ed. Mondadori
"Le
Upanisad" commentate da A.Elenjimittan (3 vol.) - Ed. Mursia
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Testi
e filosofi > Sruti
e Smrti :
Upanisad
Le Upanisad sono un gruppo
di 108 trattati filosofici, in prosa e in versi, che compaiono in epoche
differenti, suddivisi come conclusione o chiosa filosofica ai quattro libri
dei Veda.
Alle
Upanisad spetta il compito di ammonire l'aspirante che il compimento dei
sacrifici e degli obblighi religiosi, da solo, non libera l'uomo dal ciclo
delle rinascite, e le Upanisad delineano definitivamente la Conoscenza come il solo mezzo
per la Liberazione.
Ecco
come Sankara, introducendo il testo della Svetasvatara Upanisad, definisce
il carattere di queste Scritture, la di là di qualsiasi dubbio :
<<
[...] la Conoscenza di Brahman che concede il Bene supremo è designata
come Upanisad perché frantuma e distrugge l'avidya o l'ignoranza e i semi
del samsara in quei ricercatori della Liberazione i quali, avendo perduto
ogni sete per per gli oggetti veduti sulla terra o di cui hanno udito come
esistenti in cielo, ricercano questa Conoscenza con totale fermezza e
devozione.>> (in Aparoksanubhti, Ed Asram Vidya)
Cosa,
dunque, è necessario sapere? << Mio caro, tutti questi esseri hanno
l'Essere puro per fonte, hanno l'Essere come dimora e hanno l'Essere come
fondamento.>> (Chandogya
Up. VI,viii, 4)
<<Tu
sei Quello >> (Chandogya
Up. VI, viii, 7)
Realizzare
questa perfetta verità non comporta sacrifici, oblazioni o complicati
rituali, ma quello spirito di perfetta rinuncia, di distacco, di pura contemplazione,
che conduce alla gioia senza oggetto, alla Consapevolezza del Sé
imperituro, oltre ogni guadagno terreno e ultraterreno, oltre il mondo
degli uomini, dei Mani e degli Dei.
<< Il grande Sé increato, che si identifica con la mente e con il centro delle facoltà, riposa nello spazio all'interno del cuore. E' l'Ordinatore Interno di tutto ciò che esiste, il Signore e il Regolatore di tutto. Non cresce mediante le buone azioni e non è sminuito dalle cattive. E' il Signore di tutti gli esseri, l'Ordinatore di tutti gli esseri, il Protettore di tutti gli esseri. E' la diga che trattiene i mondi dal precipitare nel caos. I Brahmani cercano di conoscerlo attraverso lo studio dei Veda, i sacrifici, la carità e la rinuncia al godimento degli oggetti dei sensi. Colui che Lo conosce diviene
saggio; i monaci, desiderando di conoscerlo in questa vita, abbandonano le loro case. Gli antichi saggi, infatti, non desideravano avere figli poiché pensavano:"Cosa ancora potremmo ottenere dai figli, se abbiamo realizzato il Sé già in questa vita". Così, è detto, essi rinunciarono al desiderio di prole, di ricchezze mondane e condussero vita da mendicanti. Poiché è il desiderio di figli che è anche desiderio di ricchezza, e questo è il desiderio di mondi, ma tutti questi non sono altro che bramosia. Questo Sé è Quello di cui è detto "Non questo, Non questo". Esso è impercettibile, poiché non può essere percepito; indistruttibile, poiché non può essere distrutto; inattaccabile, perché nulla lo può attaccare; libero, saldo, illeso. Come il saggio non può essere sopraffatto dai due pensieri: "ho fatto la cosa giusta; ho fatto la cosa sbagliata" poiché li sovrasta entrambi. Le cose compiute e quelle che ha omesso di fare non lo angustiano.
Ciò è espresso nell'inno che dice: "L'eterna gloria del conoscitore del Brahmam non cresce e non è sminuita dalle opere. Perciò si ricerchi di comprendere la natura di questo soltanto, poiché conoscendola non si è più macchiati da alcun peccato" Dunque colui che così conosca acquisti saldo controllo di sé, e calmo, raccolto in sé stesso, saldo e concentrato, comprenda il Sé nel suo stesso sé; così facendo egli perviene a vedere il Sé in tutto. Il Male non trionfa su di lui, ma
egli trascende ogni male. Il male non lo mette in difficoltà, poiché
egli consuma ogni male. Questi diviene senza peccato, senza forma, libero da ogni dubbio e
vero conoscitore del Brahman.
Questo è il mondo del Brahman, o re, e tu l'hai conquistato", concluse Yajnavalkya. E il re "Ti darò l'impero dei Videha, signore, e me stesso per poterti servire".>>
(Brhadaranyaka Up. IV, 22-23)
Il
brano citato termina con l'offerta di ogni bene e della propria persona al Maestro che ha illustrato il fine della
Conoscenza, da parte del discepolo nella cui coscienza si è destata
l'istanza della Liberazione, ove cade ogni altro desiderio, ogni
attaccamento diventa inutile, ogni ambizione, vana.
La
consapevolezza dell'imperituro, o il discernimento, come lo definirà
Sankara, tra il Reale e il non Reale è quello che spontaneamente
fuoriesce dalle parole del giovane Naciketas, protagonista della Katha
Upanisad, che trovatosi di fronte a Dio della Morte lo interroga sulla verità,
declinando qualsiasi altro dono. La rinuncia al mondo, non solo come
entità materiale, ma anche e soprattutto come atteggiamento della
coscienza, è rimarcata in varie Upanisad come presupposto della
Liberazione, così come la purificazione del cuore, che si consegue
mediante le opere, lo studio, la devozione al Maestro. Questo
atteggiamento discente e rinunciante accompagna l'uomo la cui coscienza va
verso lo stabilizzarsi nel Sé supremo, abbandonando mano a mano le
sovrapposizioni della mente, le false identificazioni del sé.
<<Gli
asceti entrano in ciò che è al di là del firmamento (nakam), [che vive]
celato nella caverna e che rimane immensamente brillante; tramite la
conoscenza comprendono il senso del Vedanta; con purezza mentale e con la
rinunzia trovano la Liberazione - che trascende la stessa morte - nel
mondo di Brahman.>> (Kaivalya Up., cap.3 - in "Cinque Upanisad"
Ed asram Vidya).
<<
Si deve riassorbire [la mente] nel cuore fino alla cessazione [della sua
attività], ciò è conoscenza e meditazione, il resto è esposizione
libresca.
Non
è concepibile né inconcepibile, è concepibile e nello stesso tempo
inconcepibile; [così comprendendo] si realizza il Brahman senza parti.
Lo
Yoga, per realizzare lo stato supremo, si esegue con il suono
completamente indistinto. Con [il suono] indistinto si favorisce lo stato
dell'Essere, non quello del non-essere.
Questo
[Essere] è in effetti Brahman indiviso, esente da differenziazione, senza
macchia. Questo Brahman è me stesso (brahmaham). Realizzando codesta
conoscenza si è Brahman, ciò è certo.>> (Amrtabindu Up. 5-8 in
"Cinque Upanisad" Ed asram Vidya).
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